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 Divertimento o gioco?

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MessaggioTitolo: Divertimento o gioco?   Divertimento o gioco? Icon_minitimeMar Giu 10, 2008 6:15 pm

Ho paura che se parliamo di divertimento ci mettiamo dalla parte di ragazzi immaturi. “Ho scoperto – dice Pascal - che l’infelicità degli uomini viene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera…l’infelicità della nostra condizione è tale che nulla ci può consolare quando la consideriamo seriamente, così l’uomo cerca di distrarsi e si disperde in attività che lo illudono mentre s’impegna a illudere gli altri….": un’osservazione che sembra anticipare Heidegger quando dice che l’uomo non esce dalle opinioni che dominano la chiacchiera quotidiana, e se la morte è un evento ineludibile per ognuno, è considerata come cosa degli altri e nessuno l’assume autenticamente su di sé. Dunque non resta che rattristarci finché vita ci resta? Non so, io credo che al divertimento si possa opporre il gioco, che sfugge agli strali dei moralisti. Perché?
Perché comunemente si considera il gioco come un’attività svincolata da fini utilitari o veramente aggressivi; qualcosa che negli individui giovani (e negli animali) porta all’esplorazione e all’apprendimento, mentre dagli psicologi è studiato come elemento di uno sviluppo delle emozioni, dell’intelligenza e del comportamento sociale. D’altra parte il gioco è presente nell’arte e perfino nella filosofia: si può ricordare Schiller, impegnato a tradurre il giudizio estetico kantiano in quel concetto di libero gioco delle facoltà che può rendere armoniosa la vita, inaridita dalla divisione del lavoro. E non ho bisogno di citare Nietzsche che, attraverso o al di là della concezione dionisiaca e degli sforzi per assurgere alla volontà di potenza, sembra, nello Zarathustra che danza, innalzare sul gioco di forze cui l’uomo può consegnarsi, un gioco sempre più alto, fino a quel ripetersi eterno dell’uguale in cui ogni momento possiede tutto il suo senso.
Forse si può andare oltre? Si può concepire che l’essenza del gioco stia nell’intenderlo non solo come un modo per educare il bambino e arricchire l’adulto; e neppure come il simbolo di un avvenire pacifico ed armonioso, ma addirittura come ciò che può preludere a un ritorno all’Eden, se non addirittura una redenzione dell’esistenza. Perché forse il gioco può appagare perfino ciò cui la religione aspira, sostituendosi all’ira e agli incubi dei profeti e a quella brama di eroico martirio che ancora spinge qualche popolo a combattere per il proprio Dio tingendo di sangue la terra.
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