Alcuni sostengono che si tratta solo di una differenza di stile; altri che la differenza riguarda anche gli oggetti dell'analisi; qualcuno penserà anche che le differenze riguardano entrambi gli aspetti..
Per quanto riguarda lo stile: un filosofo analitico dovrebbe essere più chiaro, conciso e argomentativo rispetto a un filosofo continentale. In realtà non sempre vengono raggiunti questi obiettivi: si pensi a Wittgenstein e al suo stile oscuro.. ma anche a Quine, Russell, ecc, che proprio nei loro scritti più famosi non perdono occasione di lasciare implicazioni inesplicate, argomentazioni solo abbozzate ecc.. (sia in "two dogmas of empiricism" di Quine, sia in "on denoting" di Russell, saprei indicare tali mancanze).
Le differenze negli oggetti di analisi ci sono senza dubbio: si tratta di una predilezione da parte degli analitici verso le analisi del linguaggio, della logica, della scienza..
Ovviamente si tratta di distinzioni di grado, infatti molti filosofi considerati analitici non si limitano ad affrontare argomenti tipicamente analitici, così come non mancano affatto continentali che si occupano di linguaggio e così via, inoltre ci sarà anche qualche continentale stilisticamente analitico..
Al di là di come le cose stanno di fatto, secondo me un filosofo non può che aspirare ai principi postulati dalla filosofia analitica: si tratta dei principi stessi della filosofia (ad es: un filosofo che non argomenta (e ce ne sono molti) che filosofo è?)