O almeno dovrebbe. In effetti un richiamo c’è nella “Dichiarazione universale dei diritti umani” promulgata nel 1948 a Parigi per iniziativa dell’ONU, anche se non sembra che ivi assuma quell’importanza che forse oggi gli verrebbe data, visto il riaccendersi di persecuzioni e santificazioni a livello globale. Certo un approfondimento di questo punto, cioè del diritto ad avere una religione (con tutto quello che questo comporta a livello di culto e comportamenti) non credo abbia impegnato più di tanto gli estensori della Dichiarazione, che probabilmente in quel felice momento che veniva dopo una terribile guerra non prevedevano che problemi come questi avrebbero potuto avere quell’importanza che oggi tutti viviamo; anzi un accenno un po’ più approfondito avrebbe potuto scontrarsi con le affermazioni delle gerarchie delle chiese, ognuna convinta di rappresentare la sola religione vera.
Non so se per forza d’abitudine o per spirito missionario, ma sembra che sia questa la pretesa, nutrita certamente in buona fede, di imporre al mondo un’unica verità; fatto sta che anche oggi la situazione non è variata: vediamo che la fede è in possesso di un certo numero di religioni provviste di strutture, maestri e potere politico ed economico, e che è difficile che il bisogno di Dio – che certamente esiste – si possa manifestare senza di esse. Eppure è proprio questo il punto dolente, ed è questo che contribuisce a spingere lo slancio della fede in un vicolo cieco, facendo dilagare quello che fino a poco tempo fa si chiamava secolarizzazione e che ora si preferisce chiamare relativismo.
Ma credo che proprio identificare la fede con le religioni sia ciò che le mette in crisi…..tanto che sembrerebbe perfino più giusto, per difendere la libertà e la sincerità dell’uomo, un ritorno alle epoche arcaiche se non primitive, quando cioè si inventavano demoni e dei, e conversioni di popoli interi si attuavano senza troppi disagi… Poi è venuta una specie di sacro furore e si sono attrezzate falangi di ortodossi, moralisti, inquisitori - religiosi più religiosi degli altri - pronti ad evangelizzare ma anche a punire, scatenando guerre di religione, che se da noi sembrano momentaneamente assopite, in altri luoghi del mondo sono tristemente risorte. E allora perché insistere con le “grandi religioni”? Perché non lasciare liberi gli uomini di tornare a quella selvatica-idillica libertà, cioè alla possibilità di crearsi la cosa in cui credere? Si dirà che in certi paesi questo già avviene – che ci sono sprazzi di fede suscitati da chi parla in televisione o in un blog internet, magari guadagnandosi sovvenzioni cospicue… Ma queste sono religioni? No, io avrei auspicato un’intesa universale che proclamasse a chiare lettere il diritto di fede, compreso quello di fabbricarsi un credo, come nelle antiche ere, in piena libertà di pensiero e parola… Chi sa, forse sparirebbero in tal modo le chiese, ma rimarrebbe la fede – cioè la fede in qualcosa di irrapresentabile e indescrivibile ma tanto più prossimo a chi cerca un aiuto nel momento del dubbio o della disperazione: quel Dio privo di qualità che – paragonato a quello ecclesiale – può sembrare tanto più vago, anche se forse è proprio lui l’assoluto.
(Uno scherzo, naturalmente, visto che la Dichiarazione è rimasta quella che è, e noi dobbiamo arrangiarci destreggiandoci fra ciò che ci viene imposto di credere e ciò che crediamo veramente, assumendoci la responsabilità di decidere se vogliamo essere santi o relativisti).